| Invisible Monsters è la terza prova d'autore di Chuck Palahniuk, un libro ancor più amaro (se possibile) dei due precedenti, di cui conserva la cifra stilistica e il dettato da scrittura sacra. E' la storia di una modella affermatissima che ha per amica Evie, una modella affermatissima, e per uomo Manus, un criptomosessuale votato alla pornografia gay. La modella rimane coinvolta in uno spaventoso incidente in cui perde la metà inferiore della faccia. Da questo momento, insopportabile alla vista di chiunque, diventa un mostro invisibile, seguace fedele della Regina Suprema Brandy Alexander, messianica e tossicissima alter ego del Tyler Durden di Fight Club. Con Brandy, intraprenderà un viaggio che la condurrà attraverso mutazioni (fisiologiche e di identità) alle radici dell'amore e dell'odio, fino all'epilogo che, come in Survivor, è in realtà la scena iniziale del libro.
Ammettiamolo sconsolati, supplici alle profezie facili di Chuck Palahniuk: siamo tutti prodotti. Siamo tutti indici di settimanali in carta patinata, relegati a pagina venti dopo un delirio di utili consigli. Siamo tutti mostri invisibili. Palahniuk non intitola il suo più formidabile romanzo Mostro invisibile, nonostante sia un mostro invisibile a raccontare la storia: una ex modella dal volto deturpato e senza mascelle, dopo un attentato. Palahniuk intitola il suo capolavoro Mostri invisibili: inerendo non soltanto ai protagonisti (ex poliziotti, ex modelle, ex omosessuali in attesa di trapianto, ex genitori, ex sagome di filmini famigliari), ma anche ai lettori, mai come in questo romanzo esposti al flash di una contemporaneità acida, corrosiva,, cognitivamente imbecille, emotivamente immatura.
La Principessa Brandy Alexander - ex omosessuale, transessuale in attesa di trapianto - è il fulcro alchemico dell'opera di riconoscimento a cui la modella deturpata andrà incontro, mentre si aprono, a folate di popper narrativo, squarci della memoria e scene famigliari da passato anteriore, in un crollo generalizzato del tessuto borghese di cui era fatto il buon vecchio sogno americano. L'avvio del romanzo è formidabile (leggere per credere), Palahniuk dà il meglio di sé, concedendo un brivido emozionante e mozzafiato a questa incursione nell'abisso del nostro mondo. In un misto di droga letteraria, eccessiva, adrenalinica e malsana, l'autore di Fight Club, utilizza la sua sintassi a strappi, cambiando vertiginosamente il punto di vista, la prospettiva e l'oggetto stesso che si sta guardando (leggendo, ma è quasi come guardare immagini filmate) con un ritmo vorticoso, che rende questa prosa unica e distante dalle molte altre scritture.
Invisible Monsters è una storia struggente, che concerne l'ultima difesa dell'individuo dalla collettività spettacolare in cui è immerso ogni giorno: "il tragico substrato di purissima sopravvivenza animale in cui questo presente - il peggiore che poteva capitarci - sta irriducibilmente confinandoci". Chuck Palahniuk è certamente uno degli autori più geniali tra gli esponenti di una nuova specie di narrativa, alterando la realtà che tutti conosciamo, con categorie estetiche che chiunque è in grado di penetrare. E' il cancro che divora le cellule dopo l'innesto del silicone, è la morte che incombe sull'atleta di quartiere che brilla sul tapis roulant della palestra dietro casa vostra.
[fonte: sconosciuta]
|